fuga dalla guerra
Politica e attualità

Putiniani, propagandisti filo-russi e guerra in Ucraina

Durante il lungo ponte del 2 giugno Roma è stata abitata soprattutto dai turisti. I romani, come il resto degli italiani, hanno iniziato a fare le prove per le prossime vacanze estive. Si cerca di non pensare alla guerra in corso, in fondo ci sono già tanti problemi qui da noi che non abbiamo voglia di farci carico anche di quelli altrui. A scacciare il pensiero della guerra ci stanno aiutando i mass-media che da qualche giorno hanno rallentato il bombardamento di notizie; anzi, a dirla tutta, se non fosse stato per loro, fin dal 24 febbraio avremmo trattato la guerra in Ucraina come da sempre trattiamo le tante guerre che insanguinano il mondo: con sostanziale indifferenza.

La propaganda occidentale ha svolto bene il suo compito. Purtroppo è del tutto normale che in guerra ogni governo nazionale cerchi il consenso all’interno dei propri confini, e per farlo non esiti a stritolare la verità. La propaganda del governo italiano, sulla scia di quella statunitense e inglese, fin dai primi giorni di guerra ha presentato Vladimir Putin come la causa stessa del sanguinoso conflitto e, dopo l’invio delle armi all’Ucraina e l’applicazione delle sanzioni economiche alla Russia, ha sostenuto che il paese di Putin era stato isolato a livello internazionale. Inoltre, ieri il «Corriere della sera» ha pubblicato nomi e foto dei putiniani italiani, cioè persone accusate di svolgere propaganda per la Russia, fra cui il professor Orsini. Si tratta di menzogne, le ennesime.

Dei 195 paesi del mondo, solo 65 hanno accettato di aderire al regime sanzionatorio americano. Questo non significa che 130 paesi sono al fianco della Russia, come sembrerebbe sostenere William Moloney su «The Hill» ma, più realisticamente, che una ventina di nazioni (comprese Brasile, Cina, Corea del Nord, Cuba e Iran) appoggiano la Russia e altre 110 hanno finora preferito non schierarsi limitandosi a rifiutare l’appoggio alle sanzioni economiche proposto dagli statunitensi, che però è già un chiaro segnale. Se c’è una nazione al mondo che oggi rischia l’isolamento forse va cercata proprio in Nord America.

Per quanto riguarda il goffo tentativo d’infangare il professor Orsini rammento che egli ha sempre dichiarato d’essere un atlantista e che fin dall’inizio del conflitto ha fermamente condannato l’invasione russa. Ciò che non gli viene perdonato è il suo desiderio di capire sul serio cosa sta accadendo, senza accontentarsi di formule preconfezionate.

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