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Politica e attualità

Elezioni, pace e propaganda

Questa campagna elettorale, condizionata anche dai sondaggi, fin dall’inizio ha indicato il vincitore del 25 settembre: il centro-destra. Troppo grande il vantaggio del trio Berlusconi-Meloni-Salvini (con Lupi del tutto marginale) per poter seriamente parlare di competizione elettorale. Ed infatti questa campagna elettorale, almeno fino ad oggi, non è stata per nulla seria, veicolando una gran quantità di mezze verità, presentandoci una realtà diversa da quella che effettivamente è, proponendo (imponendo) una determinata visione dei fatti, peraltro condivisa da quasi tutti i partiti tradizionali. Alcuni esempi.

Mario Draghi è stato esaltato sia come uomo che per le sue azioni di governo. Raramente nella mia vita ho assistito ad una tale convergenza di consenso su una sola persona. Eppure sul suo operato ci sarebbe tanto da dire, ed anche sulle sue parole pronunciate al Meeting di Comunione e liberazione, dove in buona sostanza ha affermato che è inutile votare, tanto chiunque vincerà dovrà continuare a seguire la sua famosa agenda; anche qui ci sarebbe molto da dire sul rapporto tra finanza, industria e Draghi.

Un’analoga compattezza s’è verificata in occasione della guerra in Ucraina. Abbiamo sentito “strillare” da tutte le parti contro la propaganda di guerra russa, quando  in quegli stessi giorni la propaganda Usa giustificava (e nascondeva) i propri interessi geo-economici nella guerra. Ho trovato scandaloso il martellamento mediatico su alcune vicende: la demonizzazione di Putin, un pazzo sanguinario con cui non si poteva certo trattare;  il negare sistematicamente l’evidenza dei fatti (ad esempio evitando di pronunciare la parola “mercenario”: persino quando i mercenari occidentali venivano fatti prigionieri erano presentati come “volontari”); il negare che la Russia fosse stata deliberatamente provocata (cosa che comunque non giustifica il suo intervento) dalla Nato; il “silenziare” il papa, come si fa con un qualsiasi scocciatore inopportuno, quando ha parlato esplicitamente dell’abbaiare della Nato alle porte della Russia; la contagiosa violenza verbale con cui è stato aggredito chiunque ha chiesto di approfondire la questione, senza accontentarsi dello slogan «C’è un aggressore. C’è un aggredito. Punto»; il negare che gli Usa vogliono far durare il più a lungo possibile questa guerra, attribuendo ogni responsabilità alla sola Russia.

Quando il papa parla dell’industria bellica e delle grandi somme di denaro che la circondano, raramente i giornali riprendono ed approfondiscono quel tema. In Italia, ad esempio, non hanno avuto alcuna risonanza gli articoli pubblicati nei mesi scorsi sui giornali statunitensi «Responsible Statecraft» e «Washington Post» dove – nel raccontare il contesto in cui era stato prodotto il film Top Gun: Mavericks – spiegavano come la produzione del film era stata sostenuta direttamente dal Pentagono,  fornitore di portaerei, jet e personale. Dalla lettura degli articoli dei giornali citati si ricava l’idea che il film è un grande spot pubblicitario del complesso militare industriale americano. Inoltre, la nota giornalista Lesley Read Stahl, in un articolo apparso sul «Los Angeles Times», ha informato l’opinione pubblica che il film sarebbe stato finanziato anche dalla Lockheed Martin (riportando in proposito un dichiarazione di James Taiclet, Ceo della Lockheed), l’industria bellica divenuta nota al grande pubblico nel 1976, quando ammise d’aver pagato tangenti a politici americani e a militari per vendere i propri aerei.

La nostra entrata in guerra, a fianco degli Usa e contro la Russia (perché di questo si tratta, nonostante la nostra propaganda lo neghi…) in fondo s’è basata su un equivoco. Bisognava decidere da che parte stare: con il cattivo, cioè Putin, o con i buoni, cioè Zalensky e Biden. Ancora oggi qualcuno parla di una guerra giusta e inevitabile per la difesa dei valori occidentali, per la difesa della stessa Europa. Ecco, questo è l’equivoco:  essere europeisti non vuol dire essere contro qualcuno. L’Europa è nata dopo le tragedie della due guerre mondiali per un desiderio di pace e prosperità dei popoli europei. La Francia e la Germania si fecero concessioni reciproche per evitare che le cause alla base delle due guerre mondiali tornassero a farsi sentire. S’è fatto tanto: da novità epocali come la moneta unica ad azioni meno eclatanti, ma ugualmente importanti, come i progetti Erasmus, decisivi per il mantenimento della pace in Europa: se non si conosce l’altro, prima o poi si finisce per averne paura. Tanto c’è ancora da fare.

In occasione della nostra entrata in guerra, il governo italiano non ha avuto il coraggio di prendere le distanze dagli Usa per la sua politica guerrafondaia, pur restando convintamente europeista. Lo so che quanto ho appena detto è facile a dirsi ma difficile ad attuarsi; so anche che non è certo Draghi la persona più idonea per una mossa del genere; so anche che quel governo era troppo diviso per provarci. Ma difficile non vuol dire impossibile.

Aderire, su richiesta degli Usa, alle sanzioni alla Russia è stato un errore. Innanzitutto perché hanno impedito all’Italia di assumere un ruolo di mediazione fra le parti, che sarebbe stato agevolato dai buoni rapporti intrattenuti con Putin fino al giorno dell’invasione, dalla tradizionale vocazione pacifista italiana, e dalla presenza del papa a Roma, città che avrebbe potuto ospitare il negoziato. Inoltre, il governo italiano ha sottovalutato gli effetti negativi delle sanzioni alla Russia.

A questo proposito, in queste settimane in cui si prende atto del problema energetico, dell’aumento del costo della vita e dei conseguenti disagi che dovremo affrontare nei prossimi mesi (o anni?) trovo irritante come in tutta l’informazione italiana si parla di tutto meno che della causa di questi problemi; anche in questo caso arrivando a dire mezze verità. Chi gestisce queste campagne d’informazione conosce la principale regola del marketing: quello che conta non è la verità ma l’insistenza con cui una menzogna viene ripetuta.

Tornando al voto del 25 settembre credo che come prima cosa dovremmo provare a non ascoltare la televisione, radio e giornali per due giorni. Il tempo che avremmo occupato in quel modo, dedichiamolo, invece, a pensare solo con la nostra testa. Proviamo ad osservare mentalmente i fatti nella loro oggettività, senza farci condizionare dall’esterno. Mettiamo in fila i dati di fatto degli ultimi mesi; procuriamoci, magari attraverso qualche sito indipendente, informazioni e dati. Confrontiamoci poi su queste cose con amici e parenti, possibilmente d’orientamento politico diverso.

Io l’ho fatto e sono giunto a cinque conclusioni: 1) non ci fidiamo più dei partiti politici;  2) molte persone desiderano rimboccarsi le maniche per migliorare la nostra società; 3) non esistono partiti composti da buoni ed altri da cattivi, essendo le due “categorie” presenti in tutte le formazioni; 4) sta crescendo l’insofferenza verso l’informazione di “regime” ; 5) tanti hanno già deciso che non voteranno; molti sono indecisi se votare o meno; alcuni ancora non hanno deciso chi votare.

Tratto a parte l’ultima conclusione nata dall’analisi della lista dei simboli dei partiti che ho trovato sul sito del Ministero degli Interni. Oltre a partiti tradizionali e ai 5 Stelle, partecipano a queste elezioni diversi nuovi partiti che, mi sembra, potrebbero essere definiti “antisistema”, sorti in questo tempo di pandemia e di guerra: Alternativa per l’Italia, Forza del popolo, Free, Gilet arancioni, Italexit, Italia meridionale, Italia sovrana e popolare, l’Italia dei diritti, No green pass, Unione popolare e Vita. Sono davvero tante realtà, non saprei dire quanto numerose e organizzate. Così come non saprei dire che risultati potranno ottenere il 25 settembre.

La mia previsione è che il centro-destra otterrà circa il 45% dei consensi. Dopo le consultazioni, Mattarella darà l’incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi o ad altra persona di sesso maschile concordata fra Berlusconi, Meloni e Salvini, persona che otterrà una discreta maggioranza in Parlamento.

Infine mi aspetto, esattamente come in quest’ultima legislatura, anni difficili in cui mi piacerebbe che il Secondo mestiere diventasse un piccolo movimento d’opinione anche in grado di dare un suggerimento di voto alle successive elezioni politiche.

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